venerdì 16 dicembre 2011

Fiaccolata per la difesa dei diritti umani.



Sabato 10 dicembre alcuni abitanti del quartiere periferico delle Vallette di Torino si sono riuniti spontaneamente per “ripulire la Continassa”, accampamento rom che sorge nei pressi delle loro abitazioni. Hanno dato vita ad un vero e proprio pogrom. 
La causa scatenante della loro azione sono state le parole di una ragazzina di 16 anni residente alle Vallette, la quale, per paura delle reazioni della famiglia alla sua “prima volta”, ha denunciato uno stupro ad opera di due stranieri, molto probabilmente rom. 
Quando ha smentito la sua versione dei fatti, confessando di essersi inventata tutto, la Continassa era già stata data alle fiamme.
Questa sequenza di fatti di inaudita violenza deve aprire lo spazio per diverse e necessarie riflessioni, che portino ad un’azione sociale e politica che abbia il coraggio di tenere in considerazione che questo è uno dei volti della nostra società.
Tre sono, in particolare, i punti che ci paiono imprescindibili per l’avvio di qualunque percorso che non voglia limitarsi alla mera retorica.
Il primo è che la crisi che ha colpito l’Italia negli ultimi anni non è un problema soltanto economico, è una questione sociale: per questo è necessario innescare percorsi di uscita dallo stato di prostrazione attuale che siano equi, che siano solidali. Se si va, invece, nella direzione di impoverire – a livello economico, e di conseguenza anche a livello di possibilità di crescita sociale e culturale - chi già povero è, il rischio è quello di una tensione crescente e sempre meno controllabile ai bordi più bassi della società – che, inevitabilmente, andranno allargandosi.
Il rischio è quello di un conflitto tra ultimi e penultimi che porta ad episodi come quello di sabato sera; e qui sta il secondo punto. È necessario rendersi conto che il razzismo, il meccanismo del capro espiatorio, la paura del diverso e dello straniero in questo momento non sono una patologia della società:  sono diventati senso comune, a tal punto che per una ragazzina la scusa più semplice per non confessare ai suoi genitori la perdita della verginità è quella di inventarsi uno stupro ad opera di rom. 
Resa impotente dalle attuali condizioni in cui viviamo, la periferia della nostra società sfoga la sua rabbia contro il suo prossimo “diverso”: l’esigenza pressante di operare per disinnescare questo meccanismo è il terzo punto che vorremmo sottolineare.
Due anni e mezzo fa accadde a Ponticelli, nelle periferie di Napoli, quello che è accaduto sabato sera nelle periferie di Torino. La risposta delle istituzioni fu quella di dichiarare lo stato di emergenza sulla questione Rom: il Consiglio di Stato ha da poco dichiarato illegittimo quello “stato di emergenza”, in quanto scaturito da logiche xenofobe, e a due anni di distanza evidentemente all’”emergenza” non è stata data risposta. È necessario superare l’idea dell’ “emergenza”e lavorare per la cittadinanza reale e per i diritti reali di chi è sul nostro territorio. È necessario agire per fare in modo che la comunità rom possa essere soggetto di un percorso reale di integrazione, che porti ad uscire dalla logica del “diverso”. È necessario garantire ai cittadini di tutte le periferie, umane e urbane lo stesso livello di diritti, pari dignità e sicurezza umana. Non si tratta di politiche straordinarie, bensì della ordinaria realizzazione dei diritti fondamentali che la Costituzione garantisce a ciascuno di noi.
Sempre nella primavera del 2009, l’Italia respingeva sulle coste della Libia centinaia di migranti africani che avevano tentato lo sbarco a Lampedusa: lo faceva con il plauso di una società che parlava, allora come oggi, di “invasione”. Nella primavera del 2009, un comitato di associazioni diede vita alla campagna antirazzista “Non aver paura”: oggi, lo stesso comitato anima la campagna  “L’Italia sono anch’io” e sta raccogliendo le firme per la cittadinanza e il diritto di voto ai migranti.
Ci auspichiamo che lo stesso possa avvenire con le comunità rom e sinti, che al tempo dell’indignazione – così acuta dopo i fatti di sabato – segua il tempo del lavoro e del progetto di cambiamento e di cittadinanza, il necessario tempo della costruzione di una società più equa, dove non ci sia spazio per ultimi e diversi.
Per queste ragioni vogliamo scendere in piazza tutti uniti, compatti nel dirlo con forza che “chi non ha diritti non conosce doveri”, ad un'intollerabile manifestazione di violenza senza precedenti vogliamo rispondere con un gesto di pace e di fratellanza.


Sabato 17 dicembre ore 18 in Piazza Carignano troviamoci tutti insieme e sfiliamo per le strade di Torino abbellite per un Natale che rischia, anche quest'anno, di non essere una festa di tutti.

IL POPOLO VIOLA CUNEO ADERISCE ALL'INIZIATIVA!

 
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