domenica 5 settembre 2010

FUORI LA MAFIA DALLO STATO!

Ieri a Torino il Presidente del Senato nonchè esponente di spicco del Pdl Renato Schifani è stato contestato da un gruppo di cittadini (Popolo Viola, Movimento 5 stelle, Agende rosse) al grido “fuori la mafia dallo Stato” e “fuori Schifani dal Senato”. Anch’io, insieme a vari amici del Popolo viola, (e di Resistenza Viola) ho preso parte alla contestazione. Al di là dei fatti di cronaca che potete tutti agevolmente leggere nelle diverse versioni sui quotidiani, vorrei soffermarmi sulle motivazioni che mi hanno spinto ad andare a Torino. E le motivazioni sono parecchie… direi essenzialmente di testa e di cuore.
Nei giorni scorsi, anche spinta dalle sollecitazioni di Roberto (la frase di Kennedy: non chiediamoci cosa fa il Paese per noi, ma cosa possiamo fare noi per il nostro Paese) avevo individuato nel “non silenzio” uno degli strumenti per spingere l’Italia ad uscire dal regime berlusconiano e per attualizzare quel secondo comma dell’art. 50 del “Progetto di Costituzione” (corrispondente all’attuale art. 54), purtroppo non approvato dall’Assemblea Costituente, che recitava: “Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino”.
Ed è proprio partendo dalla Costituzione che vorrei cercare di spiegare le motivazioni che mi hanno spinta e mi spingono a continuare a contestare.
L’art. 54 Cost. recita: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.”
La fedeltà di cui parla la Cost. non è però la sottomissione propria dei sudditi nè l’obbedienza cieca dei servi. I cittadini non devono essere fedeli e basta, devono essere fedeli alla Repubblica, a quella Repubblica definita all’art. 1 democratica, fondata sul lavoro e sulla pari dignità di tutti i cittadini. Quindi accanto alla fedeltà e all’osservanza della Costituzione e delle leggi, c’è anche il dovere di resistere contro i poteri che cercano di stravolgere la Costituzione, che parlano di Costituzione materiale e che fanno leggi non per la res publica, ma a proprio uso e consumo.

Viene poi il 2° comma dell’art. 54: i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche (e sia Schifani che Fassino ci rientrano in pieno) hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore. Quindi chi ricopre funzioni pubbliche ha un dovere supplementare rispetto ai comuni cittadini. La disciplina di cui parla la Cost. non ha niente a che fare con la disciplina delle caserme, ma fa riferimento al rispetto delle regole, al servizio dovuto al bene pubblico e al divieto di trarne vantaggi personali indebiti. (art. 98 Cost.: “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione. Se sono membri del Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità…”). L’onore poi non è certo quello mafioso o quello che fa riferimento al prestigio e al rango sociale. L’onore di cui parla la costituzione è strettamente connesso alla disciplina e significa quindi soprattutto onestà, spirito di servizio, l’essere al di sopra di ogni sospetto.

È quindi alla luce e sotto la guida della Costituzione che sono andata a contestare sia Schifani che il PD. 
Contesto Schifani che non svolge la sua funzione con disciplina e onore; che, pur ricoprendo il ruolo di seconda carica dello Stato, non prova nemmeno imbarazzo a parlare di Costituzione materiale e che, di fronte alle accuse di pentiti e testimoni, non sente almeno il dovere di chiarire, se non di dimettersi.
Contesto Schifani grande architetto di leggi-vergogna (suo il lodo dell'impunità per le cinque alte cariche dello Stato, varato nel 2003 e cancellato dalla Consulta nel 2004; sua la proposta di ripristinare l'immunità parlamentare e di estenderla addirittura ai consiglieri regionali, nonché quella di abrogare il concorso esterno in associazione mafiosa). Contesto Schifani che non ha mai perso occasione per attaccare il capo dello Stato Napolitano, l'ex presidente del senato Marini, l'ex presidente della Camera Bertinotti, l'ex presidente della Repubblica Scalfaro, il Csm e la Corte costituzionale; per cavalcare le peggiori calunnie su Telekom Serbia e Mitrokhin contro i leader del centro-sinistra. Contesto Schifani che, da perfetto cortigiano, nega l'evidenza e mente spudoratamente in difesa di Berlusconi e dei suoi complici, per coprire i peggiori misfatti. Contesto Schifani che ha sempre continuato ad infangare con epiteti irripetibili tutti i principali esponenti del centro-sinistra e chiunque osasse formulare anche la più timida critica al Cavaliere e alla sua banda, compresi in senatori a vita che osavano votare per Prodi (Schifani firmò un disegno di legge per privarli del diritto di voto).
Ma contesto anche il Pd, il maggior partito di opposizione (sic!), che invece di chiedere conto a Schifani dei suoi trascorsi mafiosi (ricordiamo che ha ben quattro procedimenti attualmente archiviati, non chiusi quindi, per mafia, non per favoreggiamento esterno, ma proprio per mafia!), invece di incalzarlo sulle varie leggi incostituzionali (Lodo Alfano, legittimo impedimento, legge bavaglio, ecc. ecc.), invece di protestare per le leggi ad personam e ad aziendam approvate da questo governo, invece di sollevare il problema del conflitto di interessi ingigantito dall’interim al Ministero dello Sviluppo economico, invece di opporsi ad una interpretazione alquanto libera della Costituzione da parte dello stesso Schifani (ricordiamo le sue frasi relative alla presunta elezione diretta di Berlusconi quale capo del governo), invece di sollecitare il governo ad occuparsi della crisi economica e sociale del nostro Paese, dei disoccupati, dei precari, invece di incalzarlo sulla perdita di prestigio internazionale dell’Italia anche a causa delle discutibili alleanze con Gheddafi e Putin, offre a Schifani e al Pdl l’opportunità di svolgere il loro bel comizio pre elettorale.
Contesto che il Pd, a forza di confronti democratici, di larghe intese, di alleanze cosiddette strategiche, abbia perso e perda il contatto con la base, che è fatta anche di Popolo viola, di grillini, di agende rosse e di cittadini che non ne possono più di tutto questo “politicamente corretto”. Fassino ha detto ieri che le contestazioni fanno solo il gioco di Berlusconi e vanno a suo esclusivo vantaggio. Io vorrei rispondergli che la loro politica ondulatoria, la loro opposizione super soft, non ha prodotto altro che un ventennio di berlusconismo. Forse è giunta l’ora di cambiare strategia!

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